Il Ministero del’Interno condannato a rispettare la legge sulle vittime di mafia, piuttosto che a derogarla in forza di un parere dell’Avvocatura generale dello Stato.

Ancora una volta il nostro studio ha dovuto assumere, e con successo, la difesa di parenti di vittime di mafia non solo contro i criminali autori del delitto, ma anche contro lo Stato, per far sì che il diritto di accedere ai benefici di legge previsti per le vittime venisse riconosciuto da un Ministero dell’Interno che, invece, fa di tutto per eludere la legge.
Suona strano che lo Stato cerchi di non rispettare le proprie leggi ed i propri debiti, mentre invece è piuttosto arcigno e perentorio quando si tratta di esigerli dai comuni cittadini, eppure abbiamo dovuto assistere anche a questo e ricorrere all’intervento del Giudice civile per riportare nell’alveo della legalità il comportamento e le decisioni del Comitato di Solidarietà delle vittime della mafia, del racket e dell’usura.
La vicenda: da alcuni anni le Prefetture e il Comitato di Solidarietà istituito presso il Ministero dell’Interno hanno rigettato in tutta Italia numerose istanze di accesso da parte dei parenti delle vittime di mafia, facendosi scudo di un parere dell’Avvocatura Generale dello Stato del 16 novembre 2011. In forza di tale parere, nonostante l’esatta e stringente normativa sull’argomento, l’Amministrazione statale si era arrogata il diritto di esercitare un potere discrezionale nel negare l’accesso ai benefici anche in casi e per motivi non espressamente previsti dalla legge, finendo con il frustrare le aspettative di quei parenti di vittime che, con la costituzione di parte civile e con la loro presenza nei processi, hanno dimostrato di rompere con qualunque passata eventuale frequentazione poco limpida della vittima ed hanno ritenuto di rivolgersi allo Stato piuttosto che a forme di vendetta privata o ad ambienti criminali.
Stato che così tradiva due volte le aspettative di giustizia, dapprima non assicurando un generale sistema di sicurezza che impedisca che la criminalità colpisca a morte i cittadini e poi negando quanto previsto dalla legge ai parenti di tali vittime in forza di valutazioni discrezionali sulle frequentazioni e sulla condotta in vita degli uccisi.
Poiché una simile discrezionalità non è prevista dalla legge e quest’ultima non può certamente essere superata da un parere dell’Avvocatura generale dello Stato, che, per quanto autorevole, non può legittimare una deroga a specifiche disposizioni normative, abbiamo impugnato molte di queste decisioni ed il Tribunale di Catania, Prima sez Civile, Giudice il dott. Pulvirenti, lo scorso 23 novembre ha emesso il provvedimento di totale accoglimento del ricorso.
E se il parere dell’Avvocatura dello Stato aveva orientato negativamente le Prefetture e il Comitato di solidarietà, portandoli ad esprimere pareri negativi su molteplici indagini in tutta Italia, questo importante precedente giurisprudenziale censura di fatto l’operato dello stesso  Comitato di Solidarietà per le Vittime dei reati di tipo mafioso e del Ministero dell’Interno, perché, proprio come avevamo eccepito, “i presupposti ed i casi di esclusione sono tassativamente previsti dalla legge e non consentono alcuna interpretazione, né da parte del Comitato competente né da parte del Giudice adito… non può darsi spazio ad alcun potere discrezionale né a valutazioni di ulteriori elementi non espressamente previsti”. Conseguentemente, il Giudice ha dichiarato il diritto della vittima di accedere al fondo di rotazione per la solidarietà e condannato il Ministero ad adempiere al rimborso delle spese legali. Insomma, si può concludere con la morale che tale pronuncia ha sancito il principio – che dovrebbe essere del tutto scontato e non dovrebbe necessitare di ricorsi giurisidizionali – che anche lo Stato con le sue Prefetture, Comitati, Ministero Interno ed Avvocatura Generale, deve rispettare le sue leggi, e sulla questione vittime di mafia non si possono avere diverse quanto illegittime valutazioni discrezionali. Si prevede, a seguito di tale precedente la soccombenza del Ministero in svariati procedimenti di analogo tenore già dal nostro studio instaurati.

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